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Sezione I – I primi movimenti del cuore

Il terzo occhio

La vecchia reggia della ferrovia
aveva binari di granito incandescente.
Fummo catapultati sul selciato estivo
delle nostre prefiguranti intemperanze
dalla terra che nel suo nucleo piú profondo
combaciava con la suola delle nostre scarpe.
Qualcuno, da laggiú, ci sentí entrare
in punta di piedi.

Suonava di nuovo la tua amica Daniela.
Tu volevi che nessuno sapesse di noi
e per tenermi la mano mi dissimulavi
nell’ombra di una colonna.
Quando mi stancavo di essere quell’ombra
mi rifugiavo in un’altra oscurità inespugnabile
cercando i grandi occhi del lemure che mi accarezzava la coda
con l’indice sporco di fango.
Quando ti accorgesti della sua presenza
gli feci segno di andare via col capo.
Mi guardò con la notte attorno agli occhi
e mi disse che da quel momento in poi
avrei dovuto fortificare lo sguardo della mente.

Durante la pausa del concerto ce ne andammo fuori
e io mi aggrappai a te come ci si aggrappa a un destino.
Ti lasciai scandire con chiarezza quel richiamo
e ti permisi di penetrare le mie difese per scavarmi le orbite
ripulendomi da ogni immagine che ti aveva preceduto.
Andasti talmente a fondo che non mi sembrò
di avere mai avuto un passato.
Ci sedemmo sulla panchina ben nascosti al palazzo
e ti stringesti a me
con la forza inalterabile che ti avrebbe contraddistinto
nei tre anni successivi.
A stento riuscisti a slacciare la gamba dalla mia
quando mi sussurrasti che saremmo dovuti rientrare.
Fu la piú grande premonizione che potessi offrirmi.

Non so quanto gli altri credettero alla nostra recita,
ma a giudicare da come mi guardava Daniela
direi che l’applauso finale era già garantito.
In quella farsa le piacevo per ciò che non ero.
Cercava di difendermi come meglio poteva
da chi in quel chiostro si accingeva a murarmi vivo.