Sezione I – I primi movimenti del cuore

Il primo appuntamento

Mi dicesti: “Devi andare alla prima a sinistra
subito dopo il mio amico d’infanzia,
ché se non fai in tempo io sposo lui”.
Avevi stabilito come limite
i venticinque anni.
C’erano quindi ancora quattro anni di tempo.
Per parte mia, non contento di avere
un unico rivale, mi trascinai dietro anche lui.

Ti trovai che mi aspettavi nei pressi della statua
vicino casa tua e in un primo momento
non seppi distinguerti dai lampioni.
Nel dubbio sorrisi a tutto ciò che vedevo.
Ti sedesti dietro lasciando noi poco piú avanti,
forse per valutare con distacco
il tuo intero futuro ancora inedito
ma che avevi lí a portata di mano
in tutte le sue diramazioni.
Ti sarebbe bastato poi allungare un solo dito
per esaudire il pulsante dell’autodistruzione.

Dove suonava la tua amica Daniela
non c’era molto spazio per parcheggiare:
ci sedemmo alla sinistra del palco.
Quel settembre stranamente già freddo
non riuscí ad imbrigliare il suono dell’arpa
e le parole che ci affibbiarono
si confusero nel movimento delle palme.
Per dimostrare il mio distacco m’impegnai
inoltre nell’allontanarmi di tanto in tanto,
tentando di scegliere sempre il momento giusto,
ma ogni occasione si rivelava sbagliata.
Ad ogni sbaglio si ripeteva inesorabile
in quella grande piazza
la scena di un mio sembiante che ti fissava
e che per trattenerti al suo fianco
non ti ha mai riaccompagnato a casa.

6 risposte a “Sezione I – I primi movimenti del cuore

  1. Gapemotivo 17 luglio 2013 alle 5:02 PM

    E uno stile molto particolare, mi ricorda Gozzano lontanamente

    • enricognei 17 luglio 2013 alle 5:11 PM

      La particolarità di uno “stile” è un’ottima cosa, quantunque ritenga che, come un musicista deve saper suonare diversi generi, un buon versificatore deve essere in grado di spaziare su più registri – metrici, sintattici ecc. Gozzano l’ho frequentato, per quanto non molto assiduamente; tuttavia, almeno per questo tipo di composizione, direi che i riferimenti consci fossero diretti soprattutto ad una poesia anglosassone incontaminata dalla lingua romanza.

  2. Gapemotivo 17 luglio 2013 alle 5:14 PM

    Chi è il tuo modello quando scrivi in ultima analisi ?

    • enricognei 17 luglio 2013 alle 5:22 PM

      Faccio un po’ fatica a rispondere, giacché è difficile indicarne uno soltanto. Rispetto anche al libro che qui verrà fuori, si vedrà anche molta differenza fra questa prima e “lenta” sezione, a quelle maggiormente incalzanti e veloci che poi seguiranno. Su questa prima parte, potrei però forse indicare come riferimento maggiore l’opera di Ted Hughes: fondamentalmente, i precetti metrici sono simili. Dal punto di vista teorico, tuttavia, butterei nel calderone anche Ginsberg e certi suoi concetti prosodici.

  3. enricognei 18 luglio 2013 alle 1:31 am

    Credo che la differenza patita sia dovuta all’uso di una tecnica simile applicata però ad una lingua molto diversa dal punto di vista della sonorità. Poi non so se può favorire anche il nome scontato della prima moglie di Hughes: una volta mi travestii da “avvocato divorzista di Sylvia Plath”.

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